Molti amministratori condominiali lo scorso anno si sono attivati per deliberare, entro la data del 25 novembre stabilita dal governo, l’esecuzione di lavori di ristrutturazione nei condomini e affidare a tecnici abilitati, architetti, ingegneri o geometri, l’incarico di depositare le Cilas, ovvero le nuove pratiche introdotte con il Decreto semplificazioni proprio per “snellire” burocraticamente l’avvio nei cantieri edili oggetto di Superbonus al 110 per cento per cui è necessaria la “precedente” Cila, sigla che sta per comunicazione inizio lavori asseverata. Ma è davvero certo che bastino solo queste due condizioni per stare tranquilli e non rischiare di ricevere accertamenti in futuro da parte dell’Agenzia delle Entrate? A porsi la domanda, destinata probabilmente te a non far dormire sonni troppo tranquilli a moltissimi proprietari immobiliari (oltre che a operatori del settore) è Gaetano D’Andrea, avvocato civilista con una specializzazione nel settore immobiliare “costruita” negli anni sia decidendo di occuparsi specificatamente del settore, sia grazie alla lunga attività svolta come mediatore e come presidente dell’Asspi, l’Associazione sindacale piccoli proprietari immobiliari, che lo ha portato non solo a “vivere in diretta” centinaia di assemblee condominiali e riunioni con amministratori, ma anche a tenere numerosi corsi oltre che a scrivere preziosi manuali. E il fatto che a porsela sia un superesperto non può che far nascere seri sospetti “aggravati” dalla straordinaria abilità della macchina burocratica del Belpaese nel “far pagare” sempre e comunque i contribuenti, spesso e volentieri proprio attraverso norme che sembrano fatte apposta per diventare “trappole fiscali”. L’”operazione Superbonus” che ha appena visto la conversione del decreto in legge e “attende” ora solo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, si trasformerà davvero nell’ennesima “trappola” ? “Per cercare di dare una risposta , in attesa della pubblicazione del testo di legge, occorre analizzare il testo del decreto legge numero 11/2023 adottato dal nuovo governo con il precipuo scopo di arginare una situazione emergenziale rappresentata dalla non sostenibilità dal punto di vista finanziario e del bilancio dello Stato delle forme tecniche di sconto in fattura e della cessione del credito”, premette l’avvocato Gaetano d’Andrea, sottolineando immediatamente un punto ben preciso del testo: “il punto 2 dove si legge che le disposizioni ivi contenute “non si applicano alle opzioni relative a spese sostenute in data antecedente all’entrata in vigore del presente decreto (avvenuta il 17 febbraio 2023)” e che “per gli interventi effettuati dai condomini risulta adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori e risulti presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila) per gli interventi per i quali non è prevista la presentazione di un titolo abilitativo, siano già iniziati i lavori”. Il che, tradotto per chi non mastica il “burocratese”, significa, spiega sempre l’avvocato immobiliarista bergamasco (ma consulente in realtà, proprio in virtù della sua “specializzazione”, in moltissime cause in ogni angolo d’Italia), che “interpretando letteralmente la norma in questione, appare oltremodo verosimile ritenere che, accanto ai due requisiti, ovvero proprio la delibera di approvazione e la presentazione del titolo abilitativo della Cilas già previsti dal Decreto aiuti quater, per poter proseguire con il beneficio dello sconto in fattura o della cessione del credito, siano stati aggiunti altri due requisiti e più segnatamente l’effettuazione degli interventi e spese sostenute. Pertanto, per poter beneficiare dello sconto in fattura e/o della cessione del credito sembrerebbe necessario anche aver sostenute le spese e aver effettuato i lavori”. Conclusione: se così fosse, i condomini che alla data del 17 febbraio 2023 non avessero già materialmente effettuato interventi e sostenute le spese potranno accedere, sempre che sussistano i due requisiti formali già previsti dal Decreto aiuti quater, all’aliquota del 110 per cento ma non potranno beneficiare dello sconto in fattura né della cessione del credito, dovendo autofinanziare interamente le opere e portare successivamente le stesse in detrazione nelle proprie dichiarazioni dei redditi. Per dissipare ogni dubbio, si renderà necessario verificare il testo della legge che sarà pubblicato e qualora, quest’ ultimo, come è probabile che sia, riproduca il testo dell’art. 2 del decreto legge 11/2023, sarà opportuno che l’Agenzia delle Entrate si esprima in modo chiaro e inequivocabile sul tema, specificando il significato dei concetti di “spese sostenute” e “interventi effettuati”.
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Sarebbe l’ennesimo “scandalo di Stato”: come ha affermato una volta un esponente della proprietà edilizia lo Stato continua a usare la casa come un proprio “bancomat”: quando ha bisogno di soldi (e ne ha sempre perché li brucia per incapacità, per cialtronaggine…..) batte cassa sul mattone. Sulla pelle di gente che ha lavorato una vita per realizzare il sogno di avere una propria casa. Che schifo!
Ho sempre saputo che una norma non può essere retroattiva: ho sempre sbagliato?
Grazie per il chiarimento, sicuramente sarà fondamentale un’analisi accurata della legge pubblicata e una chiarezza da parte dell’Agenzia delle Entrate.