Le vie dello stalking sono infinite. E sempre più spesso “passano” attraverso i condomini: lungo le scale, sui terrazzi, nei cortili, dove sono sempre più numerosi i casi in cui gli inquilini vengono presi di mira da vicini pronti a trasformarsi in veri e propri persecutori. Per esempio tenendo il volume del televisore o dello stereo a volume ” a palla”, o lasciando la sporcizia sul pianerottolo, ma anche arrivando a compiere azioni intimidatorie ben più gravi come gettare liquidi scivolosi sugli usci e perfino disseminare le aree comuni di cibo avvelenato nel caso il coinquilino finito “nel mirino” abbia degli amici a quattro zampe. Dimostrando, in qualche caso, di possedere anche una perfida fantasia (o se si preferisce una fantasiosa perfidia), come conferma Gaetano D’Andrea, avvocato e mediatore con una profonda esperienza in tema di cause condominiali, citando il caso di “una donna che, nonostante le ripetute lamentele, continuava a lavare il pavimento del pianerottolo con un detersivo a cui era allergica la sua dirimpettaia”. Cosa di cui era, ovviamente, a conoscenza. Situazioni che, in molti casi, rendono la coesistenza praticamente impossibile ma dai quali è possibile difendersi visto che, come spiega sempre il legale diventato negli anni uno dei principali punti di riferimento in materia di problemi condominiali, “questi comportamenti volontari e reiterati, che costituiscono a tutti gli effetti atti persecutori, possono rientrare nella fattispecie di stalking condominiale, reato introdotto dalla giurisprudenza “estendendo” di fatto, una dozzina d’anni fa, un reato già esistente, quello previsto dall’articolo 612 bis del Codice penale che punisce chiunque con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.Partendo da questo assunto e trasportando simili condotte nell’ambito dei rapporti condominiali”, spiega Gaetano D’Andrea, “è stata elaborata la figura del cosiddetto stalking condominiale che, per essere punito deve essere ovviamente provato, dimostrando in giudizio tutti gli elementi che lo caratterizzano: e cioè gli atti persecutori, la reiterazione da parte dello stalker, i danni psico – fisici riportati dalla vittima e il nesso causale tra il danno e gli atti persecutori”. Prove da “portare in aula” come ultima scelta obbligata, dopo aver prima tentato altre strade…”Di fronte a simili comportamenti “unilaterali” è consigliabile sempre e comunque che la vittima inizialmente si rivolga al proprio persecutore, invitandolo a cessare i suoi comportamenti molesti coinvolgendo, in questa prima fase di tentata risoluzione, anche l’amministratore condominiale”. Se questo non dovesse dare i risultati sperati un’altra possibilità di risoluzione “è offerta dall’attivazione della procedura di mediazione, che per esperienza personale, nella maggioranza dei casi si è dimostrato uno strumento capace di portare a una composizione della vertenza in essere con benefici per tutte le parti. Se poi gli atti persecutori dovessero comunque continuare, prima di intraprendere l’azione penale è possibile, per la vittima, presentare apposita richiesta di ammonimento al questore che, dove ritenga fondata la richiesta pervenuta, emetterà un decreto di ammonimento orale nei confronti dello stalker, evitando in tal modo al colpevole un processo penale e alla vittima di doversi avventurare nelle lungaggini della giustizia”. E se neanche questa misura di prevenzione cautelare dovesse sortire effetto positivo? “Allora non rimane altro che sporgere querela, presentandola entro sei mesi dai “fatti incriminati”. Al termine del processo penale, accertata la responsabilità penale dell’imputato, il Tribunale potrà emettere nei suoi confronti un’ordinanza restrittiva”. Ultima annotazione, ma non per importanza: ” è bene evidenziare che, nel caso in cui i comportamenti persecutori fossero reciproci, costituendo una sorta di guerra tra i vicini, si determina una situazione che non può definirsi come stalking. Tale conflitto potrebbe trovare soluzione per il tramite di un mediatore, che potrebbe essere facilmente individuato nell’amministratore condominiale.