Affitti brevi in nero? Ora chi offre la propria casa via Internet deve pagare una tassa

Affittare la propria casa, per brevissimi periodi, a turisti provenienti da altre città, regioni, Paesi, che sempre più spesso hanno trovato la proposta in  Internet. Un fenomeno che negli ultimi mesi a fatto registrare un vero e proprio boom, complice la crisi economica che ha reso appetibilissima a molte questa “scorciatoia” per  incassare un po di denaro. Un boom che  ora potrebbe essere rallentato o addirittura fermato dalle tasse da pagare sugli affitti brevi, come previsto dell’articolo 4 del Decreto legge 50/2017, pubblicato sul supplemento ordinario 20/L della Gazzetta Ufficiale n. 95 appena entrato in vigore ieri. Nuove norme per dare una “regolata” al sistema delle locazioni turistiche, fino a ieri regolate dal Codice civile, in pochi e brevi articoli caratterizzati dalla massima libertà contrattuale e, soprattutto, con libertà assoluta di evadere il fisco, considerando che, sul piano fiscale, gli affitti breve dovevano semplicemente essere contenuti  in un massimo di 30 giorni, sino al quale  non era obbligatoria la registrazione. Con la conseguente impossibilità, per  l’agenzia delle Entrate, di poter effettuare controlli. Un’evasione diffusissima, almeno a giudicare dai controlli a campione effettuati dagli uomini della  Guardia di Finanza , con  pochissimi proprietari che sono risultati aver dichiarato regolarmente il ricavato  degli affitti brevi, grazie alla rete, a portali (come per esempio) che hanno  permesso praticamente a chiunque di offrire il pernottamento , e magari la colazione, a turisti, ovviamente in nero. Una situazione che ha scatenato la rivolta  di albergatori e gestori di Bed & Breakfast, costretti a subire una concorrenza slealissima (un po’ come quella dei negozi che si ritrovano, sul marciapiede di fronte, i vu cumprà) e che ha spinto il Governo a intervenire. Con la nuova norma, appunto, che dal 1 giugno 2017 applicherà agli introiti per le  “locazioni brevi” (da indicare rigorosamente nella indicandoli nella dichiarazione dei redditi) la cedolare secca del 21 per cento, ovvero l’imposta speciale che sostituisce l’Irpef e l’imposta di registro, con la possibilità, per i proprietari di casa che lo preferissero, di  assoggettare  invece all’Irpef i proventi delle locazioni brevi, con l’aliquota minima, in questo caso, del 23 per cento. E se ad “affittare” non sarà direttamente il proprietario, ma la trattativa avverrà tramite un’agenzia o un portale (come  Airbnb appunto…) questi ultimi dovranno inviare all’Agenzia delle  Entrate una comunicazione in occasione della stipula di ogni nuovo contratto, pena una sanzione da 200 a duemila euro, ricordandosi di versare  una ritenuta del 21 per cento sui proventi della locazione usando il modello F24; i codici tributo da indicare dovranno essere comunicati dall’agenzia delle Entrate che entro il 25 luglio 2017 emanerà un provvedimento per  definire le modalità della trasmissione dei dati e la loro conservazione. Certo, a quell’epoca la norma sarà già entrata in vigore da quasi due mesi. Ma così vanno le cose in Italia…  Infine gli intermediari dovranno inviare ai proprietari della casa la certificazione unica annuale con gli importi pagati a titolo d’imposta o di acconto.

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