Sono sempre più le persone, in diverse regioni italiane, che lasciano le città e si trasferiscono in piccoli borghi. Una scelta motivata dal desiderio di trovare una migliore “qualità della vita”, ma anche per tagliare i costi senza essere più costretti, come accadeva spesso in passato, a costanti spostamenti per raggiungere il posto di lavoro, facilitati in questo dalla tecnologia che consente di essere sempre connessi con i colleghi, i clienti. In altre parole lo smart working, da casa, che milioni d’italiani sono stati costretti a “imparare” per colpa della pandemia e che, c’è da scommetterci, resterà un’abitudine diffusissima anche quando il virus se ne sarà finalmente andato. Cittadini sempre più propensi a “fuggire” dalle grandi città ma anche, allo stesso tempo, amministratori di piccoli centri pronti ad accoglierli a braccia aperte e, in alcuni casi, addirittura a “incentivarli” a trasferirsi. Come accaduto in Molise dove l’incentivo è risultato particolarmente “attraente”: 700 euro al mese, a patto di traslocare in un comune della regione con meno di 2mila abitanti. Un invito a trasferirsi all’insegna dello slogan “piccolo è bello” che in Emilia-Romagna ha visto un bando per incentivare il trasferimento nei piccoli comuni dell’Appennino “raccogliere” oltre duemila domande. E con episodi analoghi anche in Toscana. Una nuova tendenza che potrebbe “ridistribuire” in modo più equilibrato la popolazione, ridando vita a borghi belli, ricchi di storia e tradizioni, ma spesso desolatamente abbandonati. Una strada imboccata da diverse amministrazioni e che ora sono in molti a sperare che possa essere seguita anche dal Governo, con provvedimenti a livello nazionale.