Case green, così l’Europa farà diventare tutti i proprietari verdi sì, ma di rabbia

L’hanno chiamata “case green” ma la direttiva europea voluta per rendere più “verdi” gli edifici, aumentandone la sostenibilità ambientale, rischia di rendere verdi soprattutto i proprietari. Per essere più precisi, verdi di rabbia. Già, perché la nuova disposizione (approvata dal Parlamento europeo nonostante le numerosissime critiche) se da un lato minaccia di risultare poco efficace in termini ambientali dall’altro promette di rivelarsi purtroppo efficacissima nello scaricare addosso a milioni di famiglie una montagna di spese e pratiche burocratiche. Esattamente le ragioni per cui la nuova decisione “imposta dall’alto”, dall’Unione europea è  finita nel mirino anche degli “esperti” del settore. Come nel caso di Vincenzo Vecchio, presidente nazionale dell’Appc, Associazione piccoli proprietari case, che non ha esitato a definire le modifiche apportate alla bozza uscita dalla commissione “non sufficienti e soprattutto poco efficaci in termini ambientali” e a denunciare come la direttiva “non tenga conto del fatto che in Italia vivono in condominio 44 milioni di abitanti e che ogni nazione Stato ha la sua specificità per quanto riguarda l’assetto urbanistico”. Fino ad arrivare a una sentenza di condanna: “È impossibile calare dall’alto provvedimenti che, neanche lontanamente, tengano conto dei diversi assetti normativi nazionali. L’istituto della proprietà e del condominio è regolato in modi sostanzialmente diversi nei vari Paesi europei”. Diversità che l’Europa unita sembra ostinarsi, una volta di più, a non vedere. In un articolo pubblicato su Norme & Tributi del quotidiano economico il Sole 24 Ore Vincenzo Vecchio, deciso a opporti in ogni modo agli “obblighi pesantissimi imposti ai proprietari di immobili della nuova direttiv”a, denuncia a chiare lettere “le gravi lacune e gli effetti negativi e irrealistici della disposizione europea che”, rincara la dose, è impregnata di ecologismo eco-talebano e che avrà, se non corretta con norme nazionali, un impatto devastante sul patrimonio immobiliare”. Ecco quanto sostenuto nell’articolo iniziando dai “dati di partenza”. “La filosofia della direttiva parte da un dato oggettivo”, esordisce il presidente nazionale dell’Appc. “gli immobili consumano circa il 45 per cento delle risorse energetiche dell’Ue e sono responsabili del 36 per cento delle emissioni di gas serra legate all’energia. Il 35 per cento degli edifici dell’Ue hanno più di 50 anni e quasi il 75 per cento del parco immobiliare è inefficiente dal punto di vista energetico. Questi i dati europei, ma la situazione italiana è ancora più grave, il nostro parco immobiliare è ancora più vecchio e inefficiente. Oltre un quinto degli immobili italiani hanno infatti più di cento anni (2.150.000, pari al 21 per cento) e gli immobili costruiti negli ultimi 50 anni sono circa il 50 per cento dell’intero patrimonio edilizio del Paese. Tra l’altro gli immobili più fatiscenti sono quelli utilizzati dalla popolazione più fragile (famiglie a basso reddito, anziani) che vive prevalentemente nelle periferie delle grandi città. Dal 1981 al 2020 (in 40 anni quindi) si sono costruiti o integralmente ristrutturati appena 2.597.000 immobili pari al 25 per cento. Questi sono dati di estrema preoccupazione non solo per l’efficienza energetica degli edifici, ma soprattutto per la sicurezza i cui effetti sono ben visibili dai danni che conseguono ai non rari eventi naturali che si verificano (terremoti, alluvioni, frane)”. Capitolo secondo: La situazione energetica degli immobili e il superbonus . “Dal punto di vista energetico l’Italia ha un patrimonio immobiliare costruito prevalentemente negli anni antecedenti l’introduzione di norme dirette al risparmio energetico. Gli edifici abitativi energivori (sotto la classe D) costituiscono il 76 per cento del patrimonio immobiliare italiano, si tratta di 7.784.680 immobili. Le norme del superbonus, le peggiori in assoluto emanate nella storia italiana, hanno bruciato quasi 150 miliardi di euro per migliorare appena lo 0,6 per cento degli edifici. Il Superbonus ha avuto come conseguenza effetti negativi: devastazione della finanza pubblica, aumento incontrollato dei prezzi, qualità scadente degli interventi, mancanza di programmazione ed è stato soprattutto un provvedimento fiscalmente regressivo”. Fatte queste premesso, ecco l’analisi dei “punti critici della direttiva”. “La direttiva, correttamente, richiama più volte nel testo, il principio per cui il livello di efficientamento energetico ottimale deve essere raggiunto in funzione dei costi sostenibili”, concorda Vicenzo Vecchio, perfettamente consapevole che “ è questo un principio realistico di politica economica in base al quale il risparmio del costo energetico, per tutta la vita utile dell’edificio, inclusi i avori per ristrutturarlo, deve essere superiore al costo dell’efficientamento”. Salvo poi essere completamente in disaccordo con le strada imboccata dall’Europa: “Ma poi la direttiva prevede che entro il 2050 il 100 per cento degli edifici sia a emissione zero, senza indicare l’ammontare dei costi e soprattutto come finanziarli”, tuona Vincenzo Vecchio, spiegando che “andava lasciato un più ampio margine ai vari stati nel regolare i termini, i tempi e le modalità per il raggiungimento degli obiettivi” e mettendo in risalto che “tra l’altro l’Italia è una nazione in cui le differenziazioni territoriali tra regione e regione, ma anche all’interno delle stesse regioni, sono enormi e in cui emerge dirompente il distacco nord- sud”. Scendendo poi nei dettagli la “requisitoria” del presidente dell’Appc contro l’Europa evidenzia come “dal punto di vista energetico e sociale siano incomprensibili le esenzioni concesse ad alcune tipologie di edifici (caserme, oratori, seconde case)”; come “le norme sulle seconde case dimostrino una totale ignoranza dell’istituto condominiale e del fatto che in Italia ci sono tantissimi edifici di tale natura” e come la coesistenza di tipologie di prime case e seconde case renda impossibile deliberare in merito”. E con “la flessibilità lasciata per garantire le diverse situazioni nazionali” che agli occhi dell’esperto chiamato dal Sole 24 Ore a esaminare il lavoro dell’Europa, appare solo come “una concessione apparente”. Così come solo apparenti”, afferma Vincenzo Vecchio, “sono i risparmi di consumi energetici degli edifici calati di appena 9 Twh nonostante i 150 miliardi usati per il superbonus. Una goccia nel mare. Se entro il 2030 sono da raggiungere gli obiettivi indicati dalla direttiva, sulla base di quanto fatto con il superbonus, servono oltre 600 miliardi in 7 anni”. Come correggere gli errori compiuti a Strasburgo? Appc ha da tempo una proposta “illustrato in varie sedi e in particolare nella sede di confronto ministeriale sul Piano casa nazionale “. Una proposta che prevede innanzitutto l’apertura di “una stagione di recupero del patrimonio immobiliare esistente, un nuovo Piano Fanfani, realistico, praticabile, possibile, graduale, che coinvolga risorse private e preveda modifiche normative a costo zero” E poi una “revisione dell’istituto condominiale , riconoscendo la personalità giuridica al condominio, modificando i quorum deliberativi, modificando la norma sulla obbligatorietà del fondo prevedendone tra l’altro la sua segregazione”. Senza dimenticare, altro passo di fondamentale importanza, “ di avviare un piano di prestiti generalizzati a tasso zero di lunghissimo periodo. La politica dei bonus fiscali è inutile e inapplicabile”. Infine un’ultima annotazione: “un altro aspetto è stato sottovalutato: efficientare un patrimonio energetico in zone in cui la priorità è la sicurezza sismica è come costruire una casa sulla sabbia” La considerazione finale? “Ora sta al governo italiano e alle forze politiche capaci di avere una visione non ideologica e di parte, mettere in atto programmi e interventi che colgano la necessità del risparmio energetico coniugandolo però con la fattibilità e la situazione reale del Paese. Non tutto quello che è razionale è reale, quello proposto con la direttiva non solo non è realistico, ma non è neppure razionalmente accettabile”.

pubblicato il 20 Marzo 2024 da
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