Quando una semplice lite condominiale si trasforma in una serie di atti intimidatori protratti nel tempo, ci si trova di fronte a un tipo di reato che solamente negli ultimi anni è stato istituzionalizzato. Il nome tecnico, inglese come gran parte dei nuovi vocaboli, è quello di stalking, che deriva dall’inglese to stalk, cioè camminare con circospezione un po’ come fa il cacciatore quando è nelle vicinanze di una preda. Portato qualche anno fa a conoscenza del grande pubblico dal film Attrazione fatale, quello dello stalking è un comportamento comune nelle questioni di cuore, ma il concetto è stato ormai allargato a ogni atteggiamento intimidatorio nei confronti di singoli o di gruppi di persone. Ecco, allora, una serie di sentenze (le prime a Ronco Scrivia e a Roma) nelle quali viene espressamente citato il reato di stalking condominiale, caratterizzato da atti molesti e vessatori mirati al condizionamento psicologico dei vicini di casa. Nel caso in cui qualcuno si sentisse vittima di stalking, la regola numero uno è sicuramente quella di rivolgersi all’amministratore di condominio, che è la figura deputata a rappresentare i condomini e, allo stesso tempo, a mediare eventuale frizioni. Se l’amministratore condominiale non è in grado di mettere fine ai comportamenti illeciti, occorre consultare un legale e presentare una denuncia. A questo punto le autorità competenti provvederanno a fare una ricostruzione dei fatti, cercando di raccogliere prove e testimonianze, e prenderanno una decisione. Le possibilità sono quelle della diffida, con l’allontanamento del molestatore o l’indicazione di una distanza di sicurezza, ma è possibile, nei casi più gravi, anche un’eventuale reclusione con il risarcimento dei danni da parte dello stalker.