Una lettera aperta, inviata a numerosi sindaci d’Italia, iniziando da quelli dei Comuni delle province di Bergamo e Brescia, per aprire, insieme, una nuova strada, rapida quanto semplice, per dare accoglienza ai profughi in fuga dall’Ucraina, affittando loro centinaia di immobili “stipulando contratti di locazione come conduttore per esigenze di natura transitoria”, con i “proprietari degli immobili che potrebbero concedere i propri beni a un canone di solidarietà ben al di sotto del canone di mercato” e con la “garanzia del pagamento, del risarcimento di eventuali danni e del rilascio in tempi certi”. A lanciare la proposta è Vincenzo Vecchio, presidente nazionale di Appc, l’associazione dei piccoli proprietari di case, sottolineando come “la soluzione, per quanto provvisoria, sia certamente più umana e civile di un campo profughi o di strutture di accoglienza precarie e meno confortevoli e realizzabile senza particolari pastoie burocratiche” e mettendosi a disposizione dei sindaci ( a iniziare da Giorgio Gori ed Emilio del Bono, primi cittadini di Bergamo e Brescia, territori dove Vincenzo Vecchio ha sempre svolto la propria attività, “per aiutare le istituzioni a fronteggiare l’ondata di profughi ucraini a cui il nostro Paese dovrà dare accoglienza”. “Possiamo lanciare una campagna di sensibilizzazione dei nostri associati affinché mettano a disposizione immobili per accogliere le famiglie dei rifugiati”, scrive Vincenzo Vecchio a Giorgio Gori ed Emilio del Bono, precisando che “lo strumento giuridico immediatamente utilizzabile è l’articolo 1 comma 3 della legge 431/98 che permette agli enti locali di stipulare contratti di locazione come conduttore per esigenze di natura transitoria”. Un appello, quello lanciato dal presidente nazionale di Appc e pubblicato dal Sole 24 Ore QC che ha subito ottenuto importanti riscontri, in particolar modo dall’amministrazione comunale di Genova che si è immediatamente messa in contatto con l’associazione per avere ulteriori informazioni utili, che ha l’obiettivo di “schierarsi al fianco del popolo ucraino senza se e senza ma”. Offrendo loro immediatamente “un alloggio in affitto in un momento in cui è in atto una guerra che sta causando e continuerà a causare dolore, morte e la distruzione delle loro case” come recita l’appello, “a una nazione che vede già molti suoi cittadini vivere in Italia, soprattutto tantissime donne che stanno aiutando i nostri anziani con grande impegno personale e sacrificando gli affetti più cari di figli, genitori e coniugi. La sola solidarietà verbale non basta, occorre che ognuno di noi faccia ciò che è in grado di fare”, prosegue Vincenzo Vecchio. “Migliaia, forse decine di migliaia, di ucraini saranno costretti a lasciare la loro terra per raggiungere i parenti in Italia, e a costoro occorre assicurare una accoglienza dignitosa”. E proprio per questo “Appc nell’ambito delle sue competenze istituzionali attiverà tutte le sedi territoriali per sensibilizzare i piccoli proprietari di casa a fare la loro parte e per questo stiamo individuando strumenti contrattuali che amplino la disponibilità di immobili a canone calmierato. Un primo strumento esiste ed è già normato. Infatti l’ articolo 1 comma 3 della legge numero. 431/98 prevede la possibilità di stipulare contratti di locazione con gli “enti locali” in qualità di conduttori per soddisfare esigenze abitative di carattere transitorio in base alle sole previsioni codicistiche. Uno strumento questo colpevolmente usato poco dalla politica, ma che potrebbe consentire alle famiglie rifugiate di disporre di un immobile e ai proprietari di concederlo a fronte di un canone di modesta entità, ma con la garanzia dell’adempimento e della liberazione alla scadenza. Occorre uno sforzo unitario e una sinergia tra pubblico e privato, gli enti locali dovranno essere supportati economicamente, ma l’entità della tragedia, la vastità del fenomeno che coinvolge l’intera Europa impone la nascita finalmente di un idem sentire continentale che non può piegarsi a semplici ragioni di bilancio. La necessità di offrire una abitazione decente e non un campo profughi alle famiglie ucraine deve essere la priorità della politica nazionale ed europea. Quindi si tratterebbe di applicare una tipologia contrattuale libera, ma con alcune garanzie per la proprietà (certezza nel pagamento del canone, liberazione alla scadenza e risarcimento di eventuali danni avendo come conduttore formale un ente pubblico) che rinuncerebbe al deposito cauzionale e accetterebbe un canone di “solidarietà” ben inferiore a quello di mercato. Siamo coscienti del grande sforzo che verrà richiesto alla proprietà immobiliare, ma siamo sicuri che non mancherà una risposta forte e consapevole se i Comuni, le Regioni, lo Stato sapranno essere una controparte seria e affidabile e non un moloch ottuso e burocratico. Appc è pronta a lavorare per questo progetto, a sensibilizzare i propri associati, ad elaborare gli schemi contrattuali e infine ad offrire agli enti locali il necessario supporto giuridico. E’ ora che all’etica dei principi subentri l’etica delle responsabilità”.