30 aprile 2021: è questa la data, ormai vicinissima, per capire se il superbonus del 110 per cento per le ristrutturazioni immobiliari sarà destinato a restare, come accaduto fino a oggi, una “falsa opportunità” (oltre che, secondo molti addetti ai lavori, una farsa, molto simile a una “sparata elettorale” per raccogliere consensi e molto “diversa” da un progetto davvero realizzabile, come del resto confermano i numeri, praticamente inesistenti, di pratiche avviate e la mancanza di operatori del settore e della finanza pronti a fornire spiegazioni chiare ai cittadini sull’utilizzo dell’incentivo, probabilmente per la loro stessa incapacità a capire la “manovra”) o potrà davvero diventare la molla per rimettere in moto il settore dell’edilizia e, di conseguenza, far ripartire l’economia del Paese. Il 30 aprile è infatti la data entro la quale il Governo dovrà consegnare all’Europa il Recovery Plan definitivo e del quale il “capitolo casa” rappresenta una parte di notevole importanza, con i riflettori puntati proprio su quel superbonus del 110 per cento “venduto” agli italiani come la panacea di tutti i mali ma rivelatosi fino a oggi più o meno come un’iniezione d’acqua di rubinetto fatta come “vaccino” anti Covid-19. Come trasformarlo in una cura vera e propria per il settore immobiliare? Una validissima ricetta esiste e ha come principi attivi due “componenti” principali: la proroga fino al 2023 dell’agevolazione introdotta dal Decreto Rilancio (in modo da consentire a privati e imprese edili di poter davvero progettare e realizzare i cantieri, oltre che di affrontare i tempi morti della burocrazia” per ottenere i permessi) e la semplificazione del percorso da compiere per ottenere gli “aiuti”. Due strade indicate al Governo nel modo più chiaro possibile nelle relazioni della Camera e del Senato approvate il 1 aprile 2021, dove si sottolinea come fra i punti fermi ci siano proprio la proroga del superbonus del 110 per cento e la necessità di valutare “l’inserimento del bonus stesso in una strategia di riqualificazione degli edifici e di semplificazione, anche per accelerare i tempi di recupero del credito d’imposta e per estendere la platea dei beneficiari” rendendo concretamente utilizzabile uno strumento che “meglio si inserisce nelle missioni del Piano nazionale di resistenza e resilienza e, in particolare, in quella denominata Rivoluzione verde e transizione ecologica”. Nuove strategie affiancate da un potenziamento di una “piattaforma per la certificazione e la circolazione dei crediti d’imposta” legata alla “monetizzazione” del superbonus del 110 per cento con l’obiettivo di “trasformare i crediti d’imposta in moneta virtuale per consentire agli operatori di utilizzarli come mezzi di pagamento di beni e servizi immettendo capacità finanziaria nel sistema economico senza aumentare il debito pubblico”, messe nero su bianco nel documento di “risoluzione di maggioranza” approvato in Senato il 1° aprile 2021. Trasformare il superbonus da puro e semplice “populismo, confezionato per di più in modo incompetente”, come lo considerano molti operatori, in un sostegno reale per milioni di cittadini proprietari di immobili e intenzionati a migliorarne le condizioni e, soprattutto, le prestazioni in termini di sostenibilità ambientale, potrebbe dunque avvenire davvero? Forse sì. A condizione però di attuare in tempi rapidissimi un lavoro di riordino e semplificazione della normativa. E sperando che l’Europa “ci metta i soldi” che l’Italia non ha per farlo…