
Avete più di 60 anni, siete proprietari di un immobile e avete bisogno di liquidità immediata? Una possibile strada da seguire è quella che conduce in banca per chiedere informazioni sul prestito vitalizio ipotecario, conosciuto nei paesi anglosassoni come Reverse mortgage o Equity release. Una strada indicata da diversi organi d’informazione, in alcuni casi perfino caldamente consigliata. Ma è davvero una valida soluzione? Non tutti sono d’accordo, anzi. Quello che è stato più volte definito come il “prestito salva-nonni”, potrebbe rischiare in realtà di trasformarsi in un paio di forbici particolarmente affilate pronto a chiudersi sulla linea ereditaria di chi non va particolarmente a fondo sull’argomento. Proviamo a spiegarci. Il prestito vitalizio ipotecario è uno strumento che permette a chi ha più di 60 anni e detiene la proprietà di un immobile di ottenere dalla banca un prestito dando a garanzia la propria casa. Funziona così. Si va in banca e si stipula un accordo che prevede il versamento di una cifra da parte della banca (tra il 15 e il 55 per cento del valore dell’immobile in funzione dell’età del richiedente) in cambio di un’ipoteca sulla casa. Non si tratta del semplice mutuo, perché in questo caso il proprietario dell’immobile non deve rimborsare nulla. Nè capitale, né interessi, perché di interessi, ovviamente, ce ne sono. L’accordo si estingue alla morte del proprietario e genera il passaggio della proprietà dell’immobile alla banca. A questo punto gli eredi possono riscattare l’immobile dalla banca versando, entro 12 mesi e in un’unica soluzione, la cifra corrispondente al prestito più gli interessi maturati. In caso contrario la banca mette in vendita la casa. Se il ricavato è superiore alla cifra dovuta dal proprietario morto, la parte in eccesso viene consegnata agli eredi; se invece l’immobile viene venduto a una cifra più bassa, nessun onere ricade sugli eredi. Raccontata così sembra anche una possibilità allettante, ma c’è il solito inghippo e ha un nome: interessi composti. Ve li spieghiamo. Siccome non si paga nessuna rata, gli interessi dovuti (il tasso di interesse è analogo a quello dei mutui) vanno a confluire nel capitale, aumentando continuamente la base sulla quale vengono calcolati gli interessi successivi. Esempio: se la cifra prestata è di 100mila euro e l’interesse è del 5 per cento, con capitalizzazione annuale gli interessi allo scadere del primo anno sarebbero di 5mila euro e il debito con la banca salirebbe a 105 mila euro. Vi risparmiamo i conti. Dopo 10 anni il debito diventerebbe di 162.889 euro in caso di capitalizzazione annuale e di 164.700 euro in caso di capitalizzazione mensile, cifre non indifferenti. Se si pensa a quanto si è allungata la vita dell’italiano medio, questo prestito ipotecario vitalizio rischia di distruggere ogni speranza di eredità immobiliare. Per contenere la lievitazione del debito possono essere inserite nel contratto clausole che prevedano il pagamento periodico di parte o della totalità degli interessi, ma in caso di ritardato pagamento di almeno 7 rate, ci si espone al rischio che la banca richieda il capitale. In definitiva, il rischio è che banche e finanziarie si trasformino in banchi di pegno sui generis, ai quali non si portano gioielli e orologi, ma immobili. Per non parlare della possibilità, magari per motivi affettivi, degli eredi di riscattare l’immobile. Si troverebbero costretti a ricomprare la casa dei loro genitori a prezzo pieno. Certo, potrebbero sempre chiedere un mutuo alla banca.