“Intesa Sanpaolo Casa è alla ricerca di agenti immobiliari sulle città di Milano, Roma, Torino, Monza, Brescia, Bologna, Padova, Firenze e Napoli. Se sei interessato a far parte della nostra squadra inviaci la tua candidatura”. L’annuncio è on line sul sito di Intesa Sanpaolo Casa ed è la più lampante conferma di una nuova realtà ormai di fatto: le banche sono diventate a tutti gli effetti agenzie immobiliari. Una conferma “certificata” del resto dal fatto stesso che il principale gruppo bancario del Paese abbia creato un sito che, come si legge sempre online, “nasce per offrire risposte complete a tutte le esigenze, grandi e piccole, legate alla casa” e per “accompagnare i nostri clienti in tutte le fasi della compravendita immobiliare, un momento sempre delicato e importante, spesso una tappa fondamentale della vita”. Offrendo “accanto a una consulenza immobiliare altamente qualificata, servizi accessori di valore, basati sulle tecnologie e sulle tendenze più attuali”. Un’autentica rivoluzione per un mercato in crisi da ormai otto anni e che rischia di dare il colpo di grazia a una categoria, quella degli agenti immobiliari, già alla canna del gas. Una rivoluzione annunciata (visto che già due anni fa, dopo aver inserito nel proprio portafogli di servizi anche quelli finanziari e assicurativi, il sistema bancario aveva iniziato a sondare il terreno dell’intermediazione immobiliare avviando prima una sperimentazione a Bolzano, con protagonista la Cassa di Risparmio di Bolzano – Sparkasse, e poi facendo scendere in campo due e colossi come Banca Intesa e Unicredit. Con quest’ultima che si era fatta trovare pronta a pianificare una strategia di conquista del mercato basata sull’apertura di 800 agenzie immobiliari ospitate in una fetta delle quattromila filiali esistenti in Italia con il coinvolgimento di almeno 500 nuovi agenti immobiliari e il “riciclaggio” di dipendenti rimasti con poco o nulla da fare allo sportello, dopo il crollo verticale di altri servizi offerti) che ha provocato l’immediato contrattacco degli agenti immobiliari, consapevoli che il colpo sferrato dalle banche potrebbe significare la fine per migliaia di loro già costretti a fare i conti con numeri da incubo: come quelli delle operazioni di compravendita, precipitate ai minimi storici di sempre. O come quelli, per certi versi ancora più preoccupanti, che hanno visto continuare a scendere le percentuali di “utilizzo” da parte dei privati di agenti immobiliari come consulenti nella trattativa: una consulenza arrivata a toccare quota 48 per cento, contro il 52 per cento di pochi anni fa ma soprattutto contro il 90 per cento dei Paesi anglosassoni. Una prova di sfiducia per una categoria che, probabilmente, avrebbe dovuto riflettere da tempo sulle cause di questa scarsa considerazione e che ora si appresta a combattere, disunita e con armi un po’ spuntate, la battaglia più difficile, contro le “armate” messe in campo dalle banche. Istituti di credito a loro volta in gravi difficoltà e di fatto costrette a combattere questa sfida sul terreno delle intermediazioni immobiliari. Già, perché all’origine della decisione da parte degli istituti di credito di intermediare immobili c’è l’overdose di case, uffici, negozi e capannoni rimasti “in pancia” alle banche stesse, immobili acquistati attraverso mutui bancari da clienti che poi, travolti dalla crisi, non sono stati più in grado di saldare i finanziamenti. Una situazione frutto della crisi, certo, ma anche di un’incapacità di analizzare il mercato guardando oltre il presente da parte di un sistema bancario (oltre che politico) che ha sempre considerato “normale” ricevere la gran parte delle garanzie richieste a fronte di un finanziamento sotto forma di immobili; che ha ritenuto normale finanziare operazioni immobiliari per il 100 per cento (e anche oltre) dell’import, anche a fronte di situazioni finanziarie del richiedente non esattamente solide; che cavalcando l’onda del credito a basso costo ha innescato una spirale mortale nella quale, in un pericolosissimo intreccio, i tassi bassi hanno favorito gli acquisti a debito che, a loro volta, hanno spinto al rialzo i prezzi degli immobili, che di conseguenza hanno convinto altri operatori edili, spesso già in situazioni di difficoltà, a acquistare terreni, pagare oneri, costruire a debito. Scelte destinate a far sorgere più d’un dubbio sulla reale capacità di analisi del mercato da parte delle banche, convinte di fare un affare mettendo per anni in cassaforte il mattone, protagonista di una rivalutazione destinata prima o poi e fermarsi e invertire la rotta. Banche messe sul banco degli imputati poi da numerose altre vicende che hanno incrinato o addirittura fatto crollare la fiducia di moltissimi clienti. Riusciranno le banche-agenzie immobiliari a riconquistare la fiducia nella nuova veste di agenzie immobiliari. Difficile rispondere. Di certo in questa nuova sfida contro gli agenti immobiliari gli istituti di credito hanno più di un’arma che potrebbe sancire la sconfitta dei “concorrenti”: la prima: la disponibilità di avere, nelle proprie banche dati, decine, centinaia di migliaia di informazioni utili a individuare i clienti solvibili a cui proporre gli acquisti; la seconda: la possibilità di finanziare in toto e ai tassi d’interesse migliori in circolazione il mutuo, riservando invece ad altri operatori di mercato tradizionali condizioni peggiori; la terza: la possibilità di fare rete con tutte le filiali del territorio in uno scambio di informazioni che gli agenti immobiliari solo recentemente hanno provato ad avviare con piattaforme in Internet ma spesso con scarsi risultati a conferma che il settore non mai stato capace di costruire una sola “regia” a livello associativo. Senza dimenticare la possibilità per le banche di convincere a fare parte della propria squadra agenti immobiliari del territorio in difficoltà a gestire la propria società. Una guerra persa in partenza per le agenzie tradizionali? Non tutto è perduto, anche perché, nonostante nella comunicazione degli istituti di credito si sottolinei l’offerta di “ una consulenza immobiliare altamente qualificata”, accanto a ” servizi accessori di valore, basati sulle tecnologie e sulle tendenze più attuali”, e nonostante si citino sondaggi secondo i quali tra i consumatori si registrerebbe un buon apprezzamento per l’iniziativa che darebbe maggiori garanzie di competenza e affidabilità in capo agli agenti immobiliari selezionati dalla banca, i “vecchi agenti” mettono sul piatto della bilancia l’esperienza maturata per anni o addirittura decenni sul mercato: un bagaglio non facilmente eguagliabile in breve tempo, soprattutto in caso di agenti immobiliari “improvvisati” come potrebbero essere i dipendenti della banca in eccedenza, invitati a fare dei corsi e trasformati in intermediatori. Un termine ben preciso, sul quale gli agenti immobiliari minacciano di non arretrare. Perché, sostengono, rivoluzionare il mercato cambiando radicalmente metodologia, assumendo agenti immobiliari in difficoltà a proseguire con le proprie forze o riciclando loro dipendenti dopo aver fatto fare loro il corso per diventare agente, stipendiandoli e riconoscendo una parte della provvigione, significa per le banche avere alle proprie dipendenze di fatto dei mandatari , dei rappresentante di una sola parte, e quindi non un intermediatore superpartes chiamato a fare gli interessi sia di chi vende sia di chi acquista. E poi perché la presunta concorrenza sleale da parte degli istituti di credito sarebbe dimostrata dalla legge 39/89 sulla “mediazione immobiliare e l’incompatibilità con altre attività”, norma che, giurano gli agenti immobiliari “classici”, testimonierebbe l’incompatibilità dei due ruoli affermando, tra l’altro come “l’esercizio dell’attività di mediazione sia incompatibile:a) con l’attività svolta in qualità di dipendente da persone, società o enti, privati e pubblici, ad esclusione delle imprese di mediazione; b) con l’esercizio di attività imprenditoriali e professionali, escluse quelle di mediazione comunque esercitate”. E aggiungendo che “da tempo quindi è pacifico che l’agente immobiliare, o meglio il mediatore in generale, non può esercitare altre attività professionali o imprenditoriali”. Una controffensiva sufficiente contro l’invincibile armata bancaria? I primi a dover indietreggiare per ora sono stati gli agenti immobiliari, che fra le tante cose da chiarire hanno evidenziato anche il “pericolo” che le banche possano vendere non solo immobili di loro proprietà, acquisiti da mutui non saldati e non gestibili, come potrebbe invece avvenire in un mercato “normale” attraverso aste giudiziarie, ma anche immobili di altri: l’esposto presentato dalla Fiaip all’Antitrust, è stato infatti bocciato dall’Authority per la Concorrenza che non ha ravvisato elementi di potenziale conflitto. E a sbarrare la loro controffensiva potrebbe inoltre ergersi il fatto che la vendita delle case in banca non è un’invenzione italiana: avveniva già dieci anni fa nell’europeissima Danimarca dove sia gli istituti di credito sia le compagnie di assicurazioni facevano intermediazione immobiliare. Uno spunto in più di riflessione per le associazioni di categoria, come Fiaip, Fima e Anama, che forse dovrebbero porsi un’altra domanda: è normale che in Italia ci siano più agenzie immobiliari di quante ne abbiano, insieme, Francia e Germania?
Le banche dovrebbero fare le banche, e dunque occuparsi, in caso di compravendite immobiliari, di mutui, e le agenzie immobiliari assistere chi deve vendere o acquistare. Non credo che un impiegato di banca che magari ha trascorso 20 anni allo sportello e che sia stato “riciclato” come esperto del mattone conosca il mercato come chi le vie del suo paese, della sua città o del suo quartiere le ha battute per anni o decenni e sa, per esperienza diretta, pregi e difetti, vizi e virtù di una casa…. Certo, bisogna trovare il verso professionista immobiliare (ci sono in giro di quei bidoni!!!!!! che metà bastano……) ma occhio ai cassieri “inventati” immobiliaristi……
La banca vede case? Non è quantomeno discutibile? Una banca innanzitutto detiene dati sensibili grazie ai quali può individuare potenziali investitori detentori di un certo “gruzzolo” che il mercato “comune” non può certo conoscere. Inoltre può di certo proporre a chi acquistasse casa dall’istituto, invece che per esempio tramite agenzia, condizioni di assoluto vantaggio…Insomma, non sarebbe concorrenza sleale?
Sperare che qualche associazione denunci la concorrenza sleale palese (e magari un bel conflitto d’interessi????) è osare troppo?