
Chi avesse la ventura di navigare per la prima volta sulle torpide acque della baia di Chesapeake, magari nelle prime ore di una mattina brumosa, potrebbe all’improvviso trovarsi davanti a uno spettacolo sconcertante. Una deliziosa casetta bianca in legno, dalla curiosa pianta esagonale, coperta da un tetto rosso brillante e una bella chiostra di abbaini, si erge tra le onde come se fosse la cosa più naturale al mondo. La sensazione di stranimento è ancora più intensa durante le alte maree, quando le acque solitamente placide della profonda insenatura nascondono alla vista i macigni accatastati come protezione ai piedi del bizzarro edificio. In effetti, a uno sguardo più attento questo si palesa ben presto per quello che è, ossia un faro, ma di un tipo davvero particolare. Il suo nome, Thomas Point Shoal Light, lo deve all’insidiosa secca la cui presenza sta a segnalare non solo con una brillante luce intermittente, ma anche con una potente sirena antinebbia. Ci troviamo lungo le frastagliate coste interne del Maryland, una delle tredici colonie che diedero origine ai moderni Stati Uniti, non lontano dalla capitale Annapolis. La baia di Chesapeake è una lunga valle fluviale scavata in tempi remotissimi dal fiume Susquehanna e poi modellata dall’erosione glaciale fino a circa 10.000 anni fa; l’enorme bacino idrografico, affacciato sull’Oceano Atlantico, è caratterizzato da acque poco profonde, rese insidiose dalla frequente presenza di secche e bassi fondali. Proprio per proteggere da questi pericoli i battelli per lo più diretti verso la florida Baltimora, già nei primi anni dell’Ottocento si decise di costruire una serie di fari lungo gli oltre 330 chilometri dell’insenatura. Edificati con le tecniche consuete, avevano la tipica forma a torre, ma ben presto manifestarono il loro fatale punto debole. Eretti su fondali poco consistenti e soggetti alla continua erosione esercitata dalle correnti, poco alla volta venivano minati alle fondamenta e infine collassavano sotto la micidiale spinta degli spessi lastroni di ghiaccio formatisi durante gli inverni più rigidi. Venne così proposto un progetto rivoluzionario e già sperimentato in Inghilterra, che prevedeva il posizionamento di palafitte costituite da robusti tubi di ferro letteralmente avvitati nei fondali sabbiosi, raccordati da una spaziosa piattaforma sulla quale veniva poi costruita con tecniche del tutto tradizionali una struttura abitativa munita di una torretta atta ad alloggiare il faro vero e proprio. Qui la fantasia dei costruttori poteva sbizzarrirsi, seguendo le mode architettoniche del momento: ciò spiega l’incongruente aspetto di questi particolarissimi fari, spesso simili a cottage di campagna. Per proseguire la lettura cliccate qui.