Non sono solo i ponti a crollare in Italia, è il Paese intero che sta cadendo a pezzi, dopo decenni di manutenzione non fatta. A cominciare dagli immobili. Per la precisione da due milioni di immobili che sono in cattivo o addirittura pessimo stato e che sarebbero da rottamare. Prima che magari crollino, come avvenuto per un palazzo sul lungotevere del quartiere Flaminio di Roma. Un campanello d’allarme che sarebbe un peccato mortale sottovalutare, così come è stato un peccato 43 volte mortale sottovalutare gli allarmi per il ponte Morandi a Genova: secondo Confartigianato il nostro patrimonio abitativo è infatti in gbuona parte da rottamare, con una casa su sei vecchia e in cattivo stato. Colpa di una manutenzione che non si fa e che, quando viene fatta, riguarda spesso ristrutturazioni approssimative, con interventi che spesso peggiorano addirittura la stabilità e la solidità degli immobili. “Il crollo del palazzo romano”, denunciano i rappresentanti di Confartigianato, “è la spia di una situazione critica e purtroppo molto diffusa in Italia”, Paese dove . un censimento realizzato dall’associazione indica 2.051.808 edifici residenziali in mediocre o pessimo stato di conservazione, con la percentuale che sale al 21,1 per cento per gli edifici costruiti prima del 1981, mentre si riduce al 4,7 per quelli nati tra ’81 e 2011. L’analisi individua una situazione più grave nel Mezzogiorno, con il record negativo che si registra in Sicilia: 26,8 per cento del totale degli edifici residenziali in mediocre-pessimo stato di conservazione. Seguono la Calabria, con una quota del 26,2 per cento, la Basilicata con il 22,3, la Campania con il 21, 8, il Molise con il 21,5, la Sardegna al 17, la Puglia al 16,7, l’ Abruzzo al 16,6. In Umbria e in Trentino Aldo Adige, invece, la quota di case in cattive condizioni è la più bassa d’Italia e si limita al 10,7 per cento. Segue la Toscana all’11,5, l’Emilia Romagna al 12,2, il Friuli-Venezia Giulia al 12,5, il Veneto al 12,6, la Lombardia al 12,8, le Marche al 14, la Valle d’Aosta al 15,4, come il Piemonte, la Liguria al 16,3. Nel Lazio, dov’è avvenuto il crollo dei tre ultimi piani di un palazzo con appartamenti in ristrutturazione, le case a rischio per la Confartigianato rappresentano il 15,9 per cento del totale. In totale gli edifici residenziali in Italia sono 12.187.698 (l’84,3 per cento del totale), con 31.208.161 abitazioni. E le cattive condizioni delle case non mettono solo a rischio la sicurezza dei cittadini, ma gonfiano le bolletta per la spesa energetica. Sempre secondo Confartigianato, infatti, il comparto residenziale determina il 28,8 per cento dei consumi finali, più di quanto assorbono trasporti su strada e industria. Riqualificare il patrimonio immobiliare, significherebbe più sicurezza, più tutela dell’ambiente , città più belle da vivere. Ma soprattutto vorrebbe dire rilanciare l’attività delle imprese di costruzioni e dell’intero volano che vede coinvolti moltissime categorie di artigiani della casa, dai falegnami agli imbianchini, dagli idraulici agli elettricisti, agli imbianchini…. Sarebbe un toccasana per tutti, da incentivare ancor più che in passato proprio perché favorirebbe decine, centinaia di migliaia di lavoratori. Invece che i soliti “burocrati” che continuano, solo per fare un esempio, a intascare bellamente i soldi dei salatissimi oneri urbanistici che un Paese serio oggi dovrebbe ridurre ai minimi termini, o addirittura azzerare. Per far partire quella che potrebbe diventare la prima “industria” italiana: l’industria del mattone…. Per avere case più sicure, meno inquinanti e belle, e una montagna di opportunità di lavoro.