Caro catasto, quanto ci costerai? È questa la domanda che milioni di italiani si stanno ponendo dopo l’annuncio che la riforma del catasto, annunciata più volte in passato ma mai realizzata, sta per diventare una realtà dopo il via libera della Commissione Finanze del Senato che ha dato il via libera al primo decreto attuativo della riforma, con l’obiettivo di “riavvicinare i valori catastali degli immobili italiani ai reali valori di mercato”. Una vera e propria rivoluzione nel mercato immobiliare destinata a cambiare, in peggio, in particolar modo per le case in centro e gli stabili d’epoca, i conti dei proprietari d’immobili, aumentando il carico fiscale. In attesa di un ricalcolo delle imposte sugli immobili, è già possibile calcolare quali città verranno maggiormente toccate dagli aumenti: in base alle prime stime, le 10 città chiamate a pagare il conto più salato saranno Pistoia, Pesaro, Messina, Lucca, Imperia, Trento, Venezia, Rimini, Cuneo e Asti, ovvero i capoluoghi di provincia in cui i valori catastali risultano più distanti dalle reali quotazioni medie del mercato, con differenze, fra valore reale e valore catastale, anche del 300 per cento, contro una media nazionale del 68 per cento.
La differenza fra il valore reale di un immobile e il suo valore catastale arriva al 300 per cento
È il caso proprio di Pistoia, dove si pagano Imu e Tasi su una base imponibile media di 73mila euro circa, quando il valore di mercato è di ben 281mila. Le 10 città con minor probabilità di aumento della base imponibile con la riforma sono invece Pordenone, Padova, Mantova, Biella, Taranto, Torino, Brindisi, Viterbo, Lecco e Como, dove il valore catastale è già prossimo a quello reale.
A subire gli aumenti maggiori saranno i proprietari di abitazioni di categoria A/3 in centro e in case d’epoca
Per quanto riguarda le categorie catastali, a subire gli aumenti saranno i proprietari di abitazioni di categoria A/3 ( che con gli immobili iscritti in categoria A/2 costituiscono nel complesso l’80 per cento delle abitazioni) ma la situazione è ancora tutta da definire anche perché la “mappa” delle categoria catastali cambia moltissimo da città a città, con Bologna che presenta addirittura il 70 per cento delle abitazioni in categoria A/3, contro iil 62 per cento di Milano e addirittura il solo 21 per cento di Napoli.
Il calcolo non si farà più in base ai vani ma ai metri quadrati, alle microzone e alla tipologia
Una cosa sembra certa: la riforma cambierà il principio stesso per il calcolo delle rendite catastali, passando dal numero dei vani ai metri quadrati, dividendo il territorio in microzone e le case in immobili-tipo a partire dai quali calcolare, con un algoritmo, il valore patrimoniale. Una riforma attesa da anni, per mettere ordine in una situazione dei catasti italiani disastrosa, confusionaria, e non più al passo con i tempi: basti pensare che fra i requisiti per essere inseriti in categoria A/1, ovvero signorile, figura la dotazione dell’ascensore, un servizio di lusso in un’epoca passata ma presente da decenni negli standard costruttivi di edifici popolari.
Veneto: Venezia deve colmare un “buco” del 219 per cento, Padova appena del 26
In Veneto la stangata colpirà in particolar modo Venezia, dove il divario fra valore di mercato e catastale è del è del 219 per cento, mentre possono tirare un sospiro di sollievo i proprietari d’immobili di Padova dove il divario è di appena il 26 per cento. In mezzo ci sono Treviso (144 per cento), Vicenza (131 per cento); Belluno (105 per cento), Rovigo (98 per cento) e Verona (66 per cento).
Testo realizzato da Baskerville srl per www.casavuoisapere.it
Uno Stato che massacra di tasse gente che a spesso ha lavorato una vita intera per comprarsi una casetta merita qualche forma di rispetto?