Il mattone dopo essere stato per decenni motore che ha trainato l’economia del Paese, dopo aver rappresentato il bene rifugio per antonomasia per milioni di italiani, si è “rotto”. Come un bellissimo giocattolo con le pile ormai esaurite, il mercato immobiliare ha dapprima rallentato bruscamente per poi fermarsi praticamente quasi del tutto, come fosse colpito da una terribile paralisi. Un “male” che a dire la verità era stato anticipato da precisi sintomi la cui gravità non era però stata compresa da molti. Già nel febbraio 2006, infatti, l’allora presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, in un’intervista pubblicata da Il Sole 24 Ore aveva ammonito le imprese sull’insostenibilità della crescita dei prezzi del mattone in Italia, diretta conseguenza della diminuita liquidità dei mercati finanziari e della riduzione dei finanziamenti bancari, sia alle imprese sia ai potenziali acquirenti di immobili, stretti nella morsa della più generale crisi dell’euro. Oltre che dell’aumento fittizio dei costi degli immobili causato dall’introduzione dell’euro, e il tutto senza che un innalzamento della qualità dei sistemi costruttivi o edilizi potesse giustificare l’innalzamento dei prezzi.
I prezzi degli immobili continuavano a salire, ma la qualità delle costruzioni no
Un processo destinato inevitabilmente a provocare una voragine economica nel settore edilizio, che oggi coinvolge tutte le componenti del settore: dalle imprese di costruzione alle società immobiliari, fino ai progettisti e a tutto l’indotto. La condizione attuale del mercato immobiliare, in continuo e inesorabile calo per volume di affari, non ha ancora prodotto l’auspicabile adeguamento dei prezzi degli immobili. E, di conseguenza, si registra una quantità insostenibile di invenduto. In questo scenario a tinte foschissime solo una strada può consente di poter vedere la luce in fondo al tunnel. Ed è la strada che porta a un innalzamento della qualità costruttiva.
Edifici costruiti solo pochi anni fa hanno già bisogno d’essere riqualificati…
Operatori immobiliari e imprese di costruzione devono comprendere l’assoluta necessità di qualificare l’offerta immobiliare sul territorio che, fino a ora, si è caratterizzata per una sostanziale omogeneità di tipologia architettonica e di offerta finanziaria per l’acquisto della casa. Una necessità di qualificare il nuovo ma anche di riqualificare l’esistente, compreso quanto costruito negli ultimi anni (e già in molti casi “vecchio” e superato) senza apportare una vera innovazione dei sistemi costruttivi. Solo dando al mattone un “reale valore tecnologico”, solo realizzando edifici a risparmio energetico, propri per presentarsi all’appuntamento sempre più vicino, con l’ora x della sostenibilità ambientale, il mercato potrà frenare una corsa in discesa che, senza freni, minaccia di far precipitare nel baratro ancora altre migliaia di imprese del settore.
La meritocrazia edilizia? Significa premiare i più bravi e non i più furbi…
Quello che serve è una nuova meritocrazia delle proposte architettoniche, annullando i vecchi meccanismi che, per anni, hanno imbrigliato la crescita del settore immobiliare e consegnato il sistema ai più furbi anziché ai più bravi. Serve una nuova cultura immobiliare, con operatori pienamente consapevoli che il loro intervento di trasformazione territoriale viene realizzato in un’area privata, ma che il paesaggio è un bene comune; con progettisti in grado di trasformare questa convinzione un progetto sostenibile; con tecnici locali capaci di verificare rapidamente e senza mille intralci burocratici i precetti legislativi affiancando operativamente i professionisti nelle procedure di approvazione di un’iniziativa economica che fa crescere il territorio. E, soprattutto, con amministrazioni locali in grado di favorire il confronto-dialogo con i cittadini che accolgono nel loro territorio una nuova trasformazione e, quindi, di rendere partecipi i singoli nella costruzione del loro futuro collettivo. Un modello partecipativo e trasparente che permetterebbe di avviare una rete di conoscenze e, quindi, di agevolare e velocizzare le procedure di trasformazione, mettendo in concorrenza gli operatori del settore già nella fase iniziale del processo. Ciò permetterebbe di valutare e migliorare, fin dalla proposta iniziale, l’offerta sul mercato (come il progetto Adotta l’architettura, realizzato dall’Ordine degli architetti di Bergamo in collaborazione con l’Ance).
Il peggior nemico del settore immobiliare resta la mancanza d’investimenti nella ricerca
Soltanto un simile processo innovativo potrà combattere efficacemente il nostro peggiore nemico, ossia l’assenza di investimenti in ricerca e sviluppo, incoraggiato dalla secolare diffidenza di molti imprenditori locali che, data la piccola dimensione aziendale, non hanno mai investito i guadagni nella ricerca di nuove forme di abitare o di nuove professionalità. La nuova generazione di imprenditori locali, sembra averlo compreso e sta cominciando a portare l’innovazione nei processi di gestione dei nuovi progetti di trasformazione urbana nelle proprie attività imprenditoriali. Una trasformazione culturale che la crisi economica dei modelli tradizionali può solo agevolare confermando come soltanto la rapida trasformazione del settore, con modelli innovativi diversificati e di alta qualità, possa consentire al mattone di costruirsi un nuovo futuro.
Il mondo finanziario sostenga gli immobili ad alta efficienza e sostenibilità ambientale
E se è vero che alcune amministrazioni locali hanno già colto la necessità di questa “rivoluzione”, perseguendo gli obiettivi di sostenibilità delle operazioni immobiliari insieme alle ottime ricadute economiche sul territorio come nel caso del progetto di Social housing Bergamo, è altrettanto certo che servirebbero un’attenzione e un appoggio “di qualità” anche da parte del settore finanziario per fare crescere l’offerta sul mercato di immobili ad alta efficienza, basso costo e grande sostenibilità ambientale. E, dunque, sostenibili anche finanziariamente per il futuro.
Carlos De Carvalho (consigliere dell’Ordine degli architetti di Bergamo)